La fotografia sportiva è questione di mentalità
Questo guest post è stato scritto da Domenico Pescosolido.
Quando mi si chiede di parlare di fotografia sportiva non nego di essere sempre un po’ in imbarazzo. Non che non si possa parlare di foto di sport, anzi tutt’altro, ma identificare un genere così vasto mi crea una certa difficoltà. La fotografia di sport è intrinsecamente legata al tipo di sport, avrebbe più senso parlare di fotografia di basket, di calcio, di automobilismo e così via. Difficilmente si riescono ad affrontare tutti gli sport con uguale freschezza di immagine e visione e ciò non sempre (e non solo) per limiti fotografici ma soprattutto per “visione di gioco”.
Un calciatore ritenuto forte è uno che, fra le altre abilità, ha quella che viene definita buona “visione di gioco”. Non vuol dire che conosce le regole del gioco, queste si danno per scontate, ma che sa come il gioco si sta evolvendo e soprattutto come si evolverà. In buona sostanza sarà al posto giusto al momento giusto o servirà la palla al compagno nel momento giusto. È una cosa che si impara con l’esperienza e l’allenamento. Alla fine sarà una caratteristica innata, il giocatore “forte” si farà trovare puntuale all’appuntamento con il goal perché sarà il suo istinto a guidarlo e non più la tecnica che pure avrà compreso.
Come approciarsi alla fotografia sportiva
Se vogliamo il fotografo sportivo avrà una simile “visione di gioco”, il gioco lo leggerà prima per farsi trovare pronto all’appuntamento. Spesso si sente parlare di fotocamere che hanno una cadenza di scatto come quella di una mitragliatrice ed istintivamente si pensa alla fotografia sportiva ritenendo che una cadenza di scatto notevole non possa far perdere nessuna azione: non c’è concetto più errato! Se provate a fare una cosa del genere in partita di baseball vi ritroverete con una montagna di fotografie tutte uguali e, per la nota legge di Murphy, il fotogramma in cui la pallina tocca la mazza del battitore lo avrete perso perché sarà capitato proprio fra due frame consecutivi!
Quindi dedicarsi alla fotografia sportiva non è solo una questione di tecnica e attrezzatura ma anche una questione di visione. Conoscere il gioco, la squadra, i giocatori e le tattiche aiuterà e renderà le fotografie più interessanti. Ad esempio nella fotografia automobilistica è fondamentale conoscere il percorso e posizionarsi la dove il tracciato permetterebbe fotografie interessanti, non avrebbe senso, ad esempio, posizionarsi lungo un rettilineo dove le macchine o le moto sfrecciano alla massima velocità parallelamente al nostro obiettivo. In alcune situazioni, tuttavia, le postazioni sono preassegnate dalle organizzazioni e quindi bisognerà fare di necessità virtù sforzandosi di lavorare al meglio da dove ci si trova.
L’importanza di raccontare storie
Tutto ciò però sarà solo un piccolo tassello, perché quello che dovremmo fare è raccontare e per raccontare dovremmo vivere la nostra storia con “distaccato interesse”: non aiuterà il nostro racconto se avremmo in mente di guardare una partita da tifosi in quanto rischieremo di perdere molti degli attimi salienti e nella migliore delle ipotesi il racconto risulterà mal composto. Non va dimenticato infatti che sul terreno di gioco sta andando in scena una rappresentazione che noi abbiamo il compito di raccontare in tutte le sfaccettature: dai tifosi, agli arbitri ai gesti di stizza degli atleti e non solo con le immagini del gesto atletico che poi, in fin dei conti, potrebbe anche non essere così interessante.
Se ad esempio siamo sugli spalti di un campo di calcio e non abbiamo possibilità di essere a bordo campo con l’attrezzatura migliore non vale la pena dedicarsi a sterili foto di azioni dove i giocatori sembreranno formiche su un prato verde. In tutti questi casi tanto vale dedicarsi alle foto di contorno, di ciò che si vive in relazione al campo: non è detto che tali foto possano risultare anche più interessanti (si veda a tale proposito un bellissimo libro sul calcio di Marco Anelli, “Il Calcio”, Motta Editore).
In tutte quelle situazioni in cui invece saremo chiamati a documentare al meglio il gesto atletico, sarà il caso di studiare prima cosa o chi si andrà a fotografare in modo da farsi cogliere il meno impreparati possibile. Comunque anche la foto scattata ai bambini che giocano a calcio ha le sue regole e non è detto che siano diverse da quelle di un calciatore di serie A, certo non avrà la stessa velocità ma se la scatteremo dedicandoci a lui come fosse un campione potremmo ricavarne una fotografia ugualmente emozionante.
A mio avviso ha più senso parlare di atteggiamento del fotografo sportivo, che, per alcuni versi, è lui stesso atleta nell’evento, che dedicarsi ad elencare che tipo di attrezzatura servirebbe per questo e quell’altro sport: alla fine il consiglio non potrebbe che essere quello di usare al meglio l’attrezzatura che ognuno è in grado di possedere e non pretendere di fotografare ciò che il buon senso ci dice che non potremmo fotografare, in ultima analisi
la fotografia sportiva è prima di tutto Fotografia.
Il fotografo sportivo oggi deve avere tanta passione per quello che fa ed essere in grado di vedere attraverso la macchina fotografica quello che gli altri non vedono: ecco il suo scopo ultimo, far sentire partecipe lo spettatore dell’evento sportivo nel suo insieme.
Avete mai fotografato eventi sportivi? Raccontate la vostra esperienza, descrivendo le sensazioni provate ed eventuali difficoltà incontrate.
Domenico Pescosolido
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Tags: fotografia sportiva
ciao ho letto il tuo articolo sulla fotografia sportiva, come si fa ha vendere delle foto sportive