
Perché un fotografo deve raccontare con le parole
Questo guest post è stato scritto da Daniele Imperi.
Non ho mai amato i siti dei fotografi. Ogni volta che ne visitavo qualcuno restavo deluso. Quasi tutti su tonalità scure, forse perché una foto su campo nero risalta meglio, non saprei. Ma la cosa che in realtà non capivo era l’assenza di testo.
Un fotografo racconta attraverso le immagini che scatta, che prende dalla vita quotidiana, dal suo lavoro, dalla sua ispirazione. Su questo siamo tutti d’accordo. Ma il potenziale cliente che entra nel sito di un fotografo che cosa vede? Una lunga carrellata di immagini anonime, mute.
Le fotografie non parlano da sole
Certo, dimostrano le abilità del fotografo e la qualità delle sue immagini. Ma non raccontano nulla del professionista che le ha scattate. Ecco la parola che bisogna prendere in considerazione: professionista.
Un fotografo lo è, al pari di tanti altri professionisti come i SEO, i social media manager, i copywriter, i web designer. Nei siti di questi professionisti non trovate un elenco dei servizi muto e un portfolio altrettanto muto, ma testi approfonditi e un blog.
Perché il sito di un fotografo dovrebbe essere diverso?
Usare didascalie per raccontare l’immagine
A proposito del portfolio, mai lasciare muta un’immagine. Perfino sui quadri nelle gallerie d’arte, anche se si tratta della Gioconda o di qualche capolavoro di Caravaggio, leggiamo una didascalia.
Io, profano della fotografia, vorrei conoscere qualcosa di quello scatto. La sua storia, per esempio.
- Quando è stata scattata la fotografia?
- Quale macchina è stata usata?
- C’è stato un lavoro di post-produzione?
- Per quale lavoro è stata creata?
- Che cosa rappresenta?
- Dove è stata scattata?
- Con quale obiettivo?
- Quanti scatti ha richiesto prima di arrivare al definitivo?
Content marketing per fotografi
Cercando con Google la sola parola fotografia otteniamo oltre 85 milioni di risultati. Se invece si cerca fotografo associato a una località, il numero scende a una manciata di milioni, con Roma in testa con oltre 8 milioni di risultati.
Certo, nessuno si mette a cercare, oggi, fotografia, che non ha davvero senso, ma la cerca collegata ad altri termini. Così come per un fotografo si preferisce una ricerca geolocalizzata.
Tutto questa introduzione per dire che un fotografo, se vuole apparire nei risultati, farsi conoscere online, oggi non può limitarsi a creare una galleria di immagini e snobbare i testi.
Si parla tanto di content marketing per aziende e freelance, ma anche i fotografi sono freelance. Dunque anche loro devono pensare al content marketing come a una strategia per imporsi nel mercato della fotografia. Come?
- Blog: oggi sono ospite di Francesco, che conosco da almeno un anno, e ho visto subito che è uno di quei pochi fotografi che ha capito l’importanza dei contenuti nel proprio sito. Francesco racconta la fotografia. Anche altri fotografi come lui si stanno muovendo bene nella rete, hanno siti chiari, luminosi, e un blog. Un blog permette al fotografo di raccontare il suo lavoro, di parlare ai lettori e ai potenziali clienti di ciò che fa e sa fare.
- Social media: luoghi virtuali in cui creare relazioni e non solo condividere i propri contenuti. Uno dei social media in cui un fotografo non può mancare e senz’altro Instagram. Ma bisogna provare anche Twitter, Google Plus e Facebook.
Perché i testi sono importanti per un fotografo
È vero che un’immagine vale 1000 parole, ma è anche vero che un buon testo conquista il lettore e soprattutto può creare quel discorso che una fotografia muta non potrà mai fare. I testi hanno una duplice importanza per il sito e blog del fotografo (come per qualsiasi altro sito):
- lato SEO: sono contenuti a tema, quindi aiutano i motori di ricerca a qualificare quel sito e ad attribuirlo a un certo argomento. Se avete una sola pagina che parla di fotografia, è come non averne nessuna. Ma se ne avete 500, 1000 o più, grazie alle pagine di servizi e al blog allora per i motori di ricerca il vostro sito acquisisce una certa importanza. Il primo passo per conquistare le prime pagine su Google è creare contenuti a tema.
- lato utente: sul vostro sito non capiterà soltanto il lettore casuale, ma anche il potenziale cliente. Con i testi che potete conquistarlo, con pagine di servizi scritte in modo dettagliato e chiaro e con articoli di blog in cui traspare la vostra competenza.
Non siamo più nell’era dei tristi siti senza parole, quelli ormai appartengono all’epoca del cinema muto. Adesso siamo nell’era del cinema con gli effetti speciali: adesso i vostri siti richiedono luminosità, chiarezza e contenuti.
Unire contenuti visuali e testuali
Non solo nelle pagine del portfolio, ma anche nel blog. Pubblicare una foto, per esempio, e spiegarne tecnica e meccanismi: ecco un post interessante da leggere. Un blog che unisca le immagini con i testi, perché la fotografia oggi non è fatta solo di scatti, ma anche di parole.
E tu che fotografo sei? Appartieni al passato, con un sito muto, o al presente e racconti i tuoi scatti con immagini e parole?
Daniele Imperi è un blogger e web copywriter, specializzato in scrittura e comunicazione creativa.
Web: http://pennablu.it
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Tags: content marketing, fotografo, testi
Logicamente date per scontato che un fotografo voglia rivolgersi alla rete (infondo è questo il vostro target) quindi posso anche darvi ragione.
Attenzione però a non fare discorsi dogmatici a 360°, perché in fotografia (intesa in senso lato) non esistono dogmi.
Esistono fotografi e fotografi: non tutti hanno lo stesso target.
Ecco quindi i miei 0.02 cents.
Io, per esempio, ho come target le gallerie d’arte. Il mio prodotto è una stampa su carta. Non faccio uso di didascalie, e nel mio sito (http://www.nicolafocci.com) spiego anche perché.
E’ vero, anche alle mostre si vedono didascalie. Ma spesso (per non dire quasi sempre) sono scarne.
“Moonrise over Hernandez, New Mexico”: famosissima foto di Ansel Adams, dice solo dove l’ha fatta. Ma dietro c’è un “lavorone” che l’osservatore non necessariamente deve conoscere (anche perché sfido chiunque a spiegare il Sistema Zonale con una didascalia!!).
Il suo amico Edward Weston faceva lo stesso: “Fungo”, “Cetriolo”, e così via.
Qualcuno usa didascalie APPARENTEMENTE semplici, ma che inducono alla riflessione… come “Identical Twins”, gemelle identiche di Diane Arbus, che identiche non sono – a guardarle bene.
Difficilmente però – almeno per le mostre che ho visto io – la didascalia spiega tutto di quella foto. Specie gli aspetti tecnici: quelle robe lì si vedono solo su Internet. Personalmente non m’interessa sapere se Ansel Adams ha usato un banco ottico 4×5 o 13×18: io ho davanti la sua visione, quella delle sue celluline grigie… lo strumento è solo un mezzo per un fine.
In arte, non bisogna sempre dire tutto. Anzi.
Le didascalie, in questo tipo di mondo “esterno alla rete” (ma forse anche in rete), possono essere pericolose. Possono sviare. La parola è potente, quanto e come l’immagine. A volte, la si può anche usare per “metterci una pezza” e giustificare una fotografia che non è riuscita! Volevo raffigurare la solitudine, non ci sono riuscito, e allora te lo spiego con una didascalia.
Poi, ripeto, capisco il target del vostro articolo…
Ma ritengo sia giusto che anche chi fa solo microstock (per dire) conosca il mondo della fotografia nel suo insieme, che è molto vasto.